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Integrazione scolastica

l'O.S.S. nei servizi

L’OSS nei servizi di integrazione scolastica.

Con la legge 104/92 si sono delineati i percorsi precisi per sostenere e favorire l’integrazione dei soggetti in situazioni di handicap dall’asilo nido fino alla scuola media superiore.
In Italia l’integrazione di tutti i minori disabili nelle classi comuni è una realtà già dai lontani anni ’70 . Ciò ha consentito,già in quel periodo, la chiusura delle "scuole speciali" e ha costituito un passaggio culturale significativo per il superamento della concezione che vedeva il bambino disabile inadeguato a svolgere la propria vita di apprendimento e relazione all'interno del contesto scolastico. Oggi in Italia l'inserimento del bambino disabile all'interno del mondo della scuola è previsto da una specifica normativa di legge che prevede l'affiancamento di un insegnante di sostegno e la predisposizione di un piano educativo personalizzato per l'alunno disabile.

Nonostante i limiti di queste prime sperimentazioni, la presenza di alunni disabili costrinse gradualmente la scuola a porsi il problema di come gestire la diversità all’interno della classe. Nei decenni successivi si determinò una consistente evoluzione culturale e concettuale rispetto al tema dell’handicap, accompagnata da un parallelo progresso in termini legislativi: venne superato l’approccio dell’uguaglianza, per cui il bambino con il deficit doveva essere il più possibile come gli altri, per assumere l’approccio della diversità come risorsa individuale, per cui ciascun alunno è diverso da tutti gli altri per elementi di storia e di identità, per stili di apprendimento e per capacità comunicative e cognitive. Il termine integrazione ha sostituito quello di inserimento nell’ambito scolastico, sociale e legislativo, segnando il passaggio dalla realtà del bambino disabile inserito nella scuola, ma sostanzialmente isolato ed evitato, alla fase in cui ci si impegna attivamente per fare in modo che venga integrato nel gruppo dei suoi coetanei, della scuola, del territorio.
Negli altri paesi europei abbiamo un altro tipo di organizzazione. Per esempio in Francia i bambini con disabilità sono accolti in classi speciali all’interno della scuola , in Germania ci sono istituti molto efficienti per tipologia di deficit ( per esempio gli istituti solo per persone Down, o quelli solo per artistici, ecc..) . Oggi oramai l’Italia è diventata un grande laboratorio che ha sperimentato per primo i vantaggi dell’integrazione e molti paesi europei ne prendono esempio.
L’integrazione degli alunni con deficit nelle classi comuni trova motivazione nel fatto che essi possono trovare giovamento dall’inserimento nel gruppo dei pari non solo dal punto di vista della socializzazione ma anche perché i coetanei possono fungere da modello positivo e propositivo per lo sviluppo delle abilità presenti. Inoltre anche i compagni di classe possono trovare giovamento dalla presenza degli alunni disabili, poiché si incentivano gli aspetti della solidarietà del gruppo e si abituano a stabilire adeguate modalità relazionali con le persone disabili. Quindi l’integrazione scolastica serve per dare maggiore attenzione non tanto sul deficit del paziente ( su ciò che manca) ma sulle potenzialità e sulle risorse da sviluppare.
Da un punto di vista operativo, per integrare un bambino con disabilità all’interno della scuola, la famiglia si deve rivolgere a un servizio dell’Azienda Sanitaria Locale o convenzionata con questa. Viene valutata la situazione del bambino e si provvede poi a compilare:
la certificazione clinica.
La Diagnosi funzionale

Al verbale di accertamento segue la diagnosi funzionale, che descrive la situazione clinico -funzionale del minore al momento dell’accertamento ed evidenzia i deficit e le potenzialità sul piano cognitivo, affettivo - relazionale, sensoriale; include le informazioni essenziali utili per individuare con i diversi attori coinvolti i supporti più opportuni e consentire alla scuola e all’ente locale l’attribuzione delle necessarie risorse.
Gli obiettivi della diagnosi funzionale sono così riassumibili:
conoscenza dettagliata della situazione attuale di partenza della persona disabile, con particolare riferimento all'evidenziazione dei livelli di capacità (competenze e abilità possedute), limiti (deficit di competenze e abilità e presenza di problematiche comportamentali, psicologiche e relazionali) e potenzialità (competenze e abilità allo stato latente che possono essere stimolate) presenti nel soggetto.
definizione di obiettivi di intervento perseguibili per il superamento dei limiti o l'attivazione delle potenzialità
indicazioni per l'applicazione più idonea delle procedure di intervento e delle attività necessarie al perseguimento degli obiettivi.
definizione degli indicatori che permettono un monitoraggio costante dell'andamento del soggetto e un contributo alla valutazione finale dell'efficacia del Piano Educativo Individualizzato (PEI)
La diagnosi funzionale è redatta, come stabilito dal DPR 24 febbraio 1994, dall’èquipe multidisciplinare (neuropsichiatra , psicologo, terapista della riabilitazione, assistente sociale....) di struttura sanitaria pubblica o privata accreditata che ha in carico il minore. Viene rilasciata direttamente alla famiglia che provvederà a consegnarla all’Istituto scolastico frequentato secondo i tempi indicati dal DPCM 185/2006 e comunque in tempo utile per consentire alla scuola la determinazione dell’organico necessario alla integrazione dell’alunno disabile. La stessa è aggiornata al passaggio di ciclo scolastico ovvero in qualsiasi altro momento vi siano cambiamenti significativi del quadro con conseguente necessità di modifiche alle forme di
sostegno.
Il profilo dinamico funzionale è atto successivo alla diagnosi funzionale e indica, dopo un primo periodo di inserimento scolastico, il prevedibile livello di sviluppo dell’alunno in situazione di handicap.
Il profilo indica le caratteristiche fisiche, psichiche e sociali e affettive e pone in rilievo le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situazione di handicap e le possibilità di recupero, nonché le capacità possedute che devono essere sostenute, sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate.
Il profilo dinamico funzionale è redatto dall’unità multidisciplinare che elabora la diagnosi funzionale, dagli insegnanti specializzati della scuola, con la collaborazione dei familiari dell’alunno.
E’ il documento nel quale vengono descritti gli interventi integrati ed equilibrati tra di loro, predisposti per l’alunno in situazione di handicap, in un determinato periodo di tempo, ai fini della realizzazione del diritto all’educazione e all’istruzione. Alla definizione del PEI provvedono congiuntamente gli operatori delle ASL e, per ciascun grado di scuola, personale insegnate e di sostegno della scuola, con la partecipazione dell’insegnante operatore psico-pedagogico individuato secondo criteri stabiliti dal Ministero della Pubblica Istruzione e con la collaborazione dei genitori dell’alunno in situazione di handicap.
Il PEI è il progetto che contiene la sintesi coordinata dei 3 progetti:

educativo - didattico
riabilitativo
di socializzazione
nonché le forme di integrazione tra attività scolastiche ed extra-scolastiche (art.5 DPR 24/02/94).

L’alunno con disabilità ha diritto di essere supportato a scuola nell’ambito delle esigenze di autonomia da una specifica figura di assistenza (art. 13. comma 3 L. 104/92). Il bisogno di assistenza deve essere, come nel caso dell’insegnante di sostegno, certificato. In questo caso è dovere dell’Ente Locale – in genere il Comune – designare un operatore che, pur non facendo parte del corpo docente, entra a far parte a pieno titolo del PEI definito dalla scuola sulla base delle esigenze dell’alunno.
Per l'alunno con disabilità che necessita di accompagnamento per spostarsi all'interno della struttura scolastica, per accedere ai bagni o per un'assistenza durante la mensa è prevista un'assistenza di base fornita o da operatori socio sanitari o dai collaboratori scolastici, ex bidelli, che allo scopo hanno frequentato un corso di formazione. Il bisogno deve essere segnalato nella certificazione emessa dalla ASL mentre l'assistenza deve essere garantita dal Dirigente Scolastico.
Ogni alunno con disabilità ha diritto di essere affiancato a scuola da un insegnante specializzato per le attività di sostegno ai sensi dell’art.14, comma 6 L.104/92. Le ore assegnate all’alunno devono corrispondere a quelle richieste dalla scuola ai sensi dell’art. 41 del D.M. n.331/98. L’insegnate specializzato viene assegnato alla Direzione scolastica regionale su richiesta del dirigente scolastico in base all’attestazione di situazione di disabilità (handicap) e alla diagnosi funzionale. L’insegnate specializzato opera – non in sostituzione degli insegnanti curricolari – secondo il Progetto Educativo Individualizzato (PEI) definito a favore dell’alunno.

Per capire meglio le funzioni dell’OSS nella scuola è necessario specificare gli ambiti operativi, che sono:
Aiuto fisico: L’OSS è assegnato ad alunni con problematiche di tipo fisico che impediscono o rallentano le autonomie corporee, sia nella motricità globale ( deambulazione, uso delle scale) sia nella motricità fine (manualità, uso funzionale degli oggetti)
Aiuto per sviluppo, potenziamento, mantenimento delle abilità comunicative; L’OSS collaborerà con gli specialisti e con gli insegnanti per comprendere la situazione in cui si trova l’alunno e contribuire a lavorare per il miglioramento della comunicazione in generale e negli aspetti specifici, sia verbali , sia non verbali.
Cura della persona ( igiene, vestiario, alimentazione), L’OSS segue l’alunno negli aspetti della cura del corpo, per esempio l’aiuto per l’uso del WC, per la pulizia, per la gestione del controllo sfinterico, il cambio degli indumenti, ecc….
Supporto e filtro nell’ambito relazionale e socio affettivo; L’OSS funge da mediatore, se serve, tra l’alunno e il contesto, naturalmente va posta molta attenzione a non frapporsi tra l’alunno e i suoi compagni e a non impedire gli scambi spontanei .
Aiuto nella gestione comportamentale ( contenimento di ansia e/o aggressività e/o iperattività, oppure nel caso opposto essere da stimolo)Contributo a un approccio scolastico globale
Contributo a un approccio scolastico globale;L’operatore deve conoscere il PEI nei suoi aspetti didattici, educativi, relazionali, terapeutici in modo che possa in qualche momento seguire anche eventuali interventi in aspetti più strettamente didattici ( sempre concordati con i professori).
Sviluppo o esplicazione delle potenzialità e abilità; L’OSS deve guardare con maggior attenzione ciò che il bambino sa fare in modo da farne un punto di forza della persona.
Aiuto nella gestione di spazi, attrezzature, strumenti, L’OSS deve intervenire aiutando il bambino nell’uso funzionale degli spazi, passaggi, porte, maniglie, e gradualmente ne ridurrà il proprio intervento.
Individuazione e segnalazione di situazioni problematiche; L’OSS segnala situazioni di disagio fisico, psicologico e relazionale nel soggetto e/o nella sua famiglia nel contesto scolastico e nel processo di integrazione scolastica.

Possiamo così riassumere le fasi di intervento dell’OSS nella scuola:
Informarsi sul caso che è stato assegnato.
Approccio con la struttura.
Disponibilità a collaborare per il Progetto Educativo Individualizzato , o Personalizzato.
Concordare l’intervento in base agli obiettivi per cui è stato richiesto e assegnato l’OSS e definire con i docenti i momenti del suo intervento.
Partecipazione agli incontri d’equipe organizzati dalla scuola.
Incontri individuali tra l’OSS e i Servizi.
Mantenimento del segreto professionale.


1

INDICAZIONI GENERALI
PER LA LA GESTIONE DELLA CRISI EPILETTICA PROLUNGATA
A SCUOLA

Documento redatto con il supporto tecnico degli specialisti dell’Ospedale dei Bambini
di Brescia e dei rappresentanti dei pediatri di famiglia

1. MANIFESTAZIONI DELLA CRISI EPILETTICA
La maggior parte delle crisi in persone con epilessia nota non rappresenta una
emergenza medica e termina, senza danni, dopo 1-2 minuti dall’inizio.
Per crisi epilettica prolungata si intende la crisi di durata superiore ai 3-4 minuti.
In alcune persone la crisi epilettica è preceduta da segni premonitori.
Le manifestazioni presenti prima e durante la crisi possono essere molto diverse nelle
diverse persone, mentre tendono a ripresentare le stesse caratteristiche nella stessa
persona.
Nella scheda di prescrizione il medico di famiglia evidenzia il quadro clinico peculiare del
bambino/ragazzo segnalando gli eventuali segni premonitori tipici.
Attenzione
Nel caso di crisi epilettica in un bambino non segnalato come affetto da epilessia, è
necessario ed urgente attivare il 118 e seguire le indicazioni fornite dallo stesso.

2. CONSERVAZIONE DELL’EVENTUALE FARMACO, SE PRESCRITTO DAL

MEDICO DI FAMIGLIA
E’ sufficiente conservare il farmaco (diazepam - Micronoan microclismi), in confezione
integra, a temperatura ambiente, lontano da fonti di calore e dalla luce solare. 2

3
. CONDOTTA DA TENERE IN CASO DI CRISI EPILETTICA PROLUNGATA
È utile potersi avvalere di tre persone:
• una persona per i contatti telefonici:
- chiama i genitori,
- informa il 118 e prende nota delle eventuali indicazioni ricevute.
• una persona accudisce il bambino:
- allontana dal bambino ogni oggetto pericoloso,
- appoggia qualcosa di morbido sotto la testa per evitare traumi,
- slaccia i capi di vestiario troppo stretti,
- non blocca le “scosse”, evitando comunque che sbatta contro oggetti rigidi,
- non cerca di aprire la bocca e non inserisce oggetti o dita tra i denti,
- non cerca di attuare manovre respiratorie durante la crisi,
- non somministra liquidi o altro per bocca durante la crisi e subito dopo,
- terminata la crisi posiziona il bambino su un fianco per aiutare la respirazione e
facilitare la fuoriuscita di saliva,
- lascia dormire il bambino dopo la crisi (il sonno post-critico può durare da pochi
minuti a ore), vigilandolo.
• una persona si attiva per l’eventuale somministrazione del farmaco indicato dal
medico di famiglia; nel caso in cui sia prevista la somministrazione di farmaco per via
rettale (solitamente diazepam - Micronoan microclismi):
- procede alla somministrazione del farmaco dopo 3-4 minuti dall’inizio della crisi
(salvo diversa indicazione del medico di famiglia sui tempi di somministrazione),
- mette il soggetto sdraiato a pancia in giù, con un cuscino sotto l’addome, o di lato;
un bambino piccolo può essere disteso sulle ginocchia dell’operatore seduto,
- rimuove la capsula di chiusura ruotandola delicatamente 2-3 volte senza strappare,
- inserisce il beccuccio nell’ano e preme tra pollice e indice fino a far defluire la dose
prescritta,
- durante la somministrazione, tiene sempre il microclistere inclinato verso il basso,
- rimuove il microclistere,
- tiene stretti i glutei per alcuni istanti per evitare la fuoriuscita del farmaco e
mantiene il bambino disteso per alcuni minuti.
• La persona che tiene i contatti telefonici, prende nota:
- dell’orario di inizio della crisi e della sua durata,
- dell’attività che il bambino stava svolgendo all’esordio della crisi,
- delle manifestazioni che gli insegnanti sono stati in grado di rilevare (es.: stato di
coscienza, movimenti anomali, colorito della cute, modificazioni del respiro,
modificazioni comportamentali e del linguaggio) durante la crisi e nell’ora
successiva. 3

INDICAZIONI GENERALI PER LA GESTIONE DELLA
CRISI IPOGLICEMICA IN DIABETICO A SCUOLA
Documento redatto con il supporto tecnico degli specialisti dell’Ospedale dei Bambini
di Brescia e dei rappresentanti dei pediatri di famiglia
Brescia ……….
Il glucosio è uno zucchero utilizzato dall’organismo, in particolare dal cervello, come fonte di
energia necessaria e insostituibile. Il bambino/ragazzo diabetico in trattamento, in particolare
con insulina, può andare incontro a crisi ipoglicemica, caratterizzata da una riduzione
patologica della glicemia. Con questo termine (ipoglicemia) si intende un valore di glucosio
inferiore a 70 mg/dl nel sangue capillare (glicemia rilevata con il riflettometro in dotazione al
bambino).
La crisi ipoglicemica può essere collegata ad una eccessiva dose di insulina e/o ad un
insufficiente apporto di zuccheri e/o ad una insolita ed eccessiva attività fisica.
Il bambino/ragazzo diabetico in trattamento presenta solitamente ipoglicemie sintomatiche;
raramente l’ipoglicemia nel bambino/ragazzo è asintomatica.
In occasione dell’ipoglicemia ogni bambino/ragazzo tende a presentare i “suoi” sintomi o segni
caratteristici: essi sono segnalati dal medico nelle note della scheda di prescrizione.
I sintomi o segni di più comune riscontro nella crisi ipoglicemica sono elencati più avanti.
Riconoscere le prime manifestazioni di ipoglicemia permette di prevenire la crisi
ipoglicemica attraverso un intervento immediato ma molto semplice: la
somministrazione di 2-3 zollette/cucchiaini/bustine di zucchero per bocca
(eventualmente sciolti in un po’ d'acqua).
La determinazione della glicemia capillare può essere utile sia per verificare la presenza di
ipoglicemia, sia per controllare l’efficacia della sua correzione.
Se non corretta tempestivamente, l’ipoglicemia può portare anche, evento molto raro, alla
perdita di coscienza, alle convulsioni, al coma. In questi casi la glicemia è molto bassa
(inferiore a 30-40 mg/dl), ma il bambino non può assumere alimenti per bocca: è allora
indispensabile la pronta somministrazione intramuscolo di glucagone che permette di
aumentare rapidamente la glicemia.

1
. COME RICONOSCERE LA CRISI IPOGLICEMICA
È importante riconoscere precocemente l’insorgenza della crisi ipoglicemica,
tenendo in particolare considerazione i sintomi percepiti dal bambino/ragazzo.
I sintomi sono spesso soggettivi e variabili da persona a persona; tuttavia, le persone
affette da diabete, anche bambini/ragazzi, sono solitamente in grado di riconoscere e
segnalare i sintomi dell’avvicinarsi della crisi.
Se previsto dalla prescrizione del medico di famiglia, può essere utile avvalersi della
medesima modalità di determinazione della glicemia con strisce reattive (ed eventuale
lettore ottico) già in uso presso la famiglia: con tale metodo è infatti possibile determinare
in modo esatto la glicemia del momento.
I sintomi o segni di più frequente riscontro nell’ipoglicemia sono i seguenti:
• malessere, irritabilità, senso di fame, senso di confusione,
• alterazioni della percezione visiva (ad esempio: offuscamento o sdoppiamento della
vista),
• tremore, pallore, sudorazione profusa, aumento della frequenza cardiaca,
• comportamenti analoghi a quelli di una “ubriacatura” (riso immotivato, pianto
immotivato, scoordinamento motorio, sonnolenza, confusione). 4

2
. CONDOTTA DA TENERE
In occasione della crisi ipoglicemica si possono verificare due diverse situazioni:
1. Il bambino/ragazzo è in grado di assumere liquidi per bocca:
•••• somministrare 3 zollette/cucchiaini/bustine di zucchero sciolte in un po’ d’acqua.
Attendere 10 minuti e verificare l’attenuazione o la scomparsa dei sintomi e/o
rideterminare la glicemia:
- in caso di persistenza dei sintomi e/o di glicemia inferiore a 70 mg/dl -
Somministrare ancora acqua zuccherata (la somministrazione va ripetuta ogni 10
minuti fino a portare la glicemia al di sopra dei 70 mg/dl),
- in caso di attenuazione o scomparsa dei sintomi e/o di glicemia superiore a 70 mg/dl
- Se l’episodio si verifica poco prima del pasto, far mangiare al bambino un primo
(pasta, riso); se si verifica lontano dal pasto somministrare al bambino zuccheri
complessi (es.: mezzo panino o 2 fette biscottate o 2-3 crackers),
•••• informare i genitori.
2. Il bambino/ragazzo non è in grado di assumere liquidi per bocca (caso eccezionale
con perdita di coscienza o presenza di convulsioni ipoglicemiche):
• chiamare il 118,
• chiamare i genitori,
• nel frattempo somministrare al bambino il glucagone intramuscolo.
In quest’ultimo caso procedere nel modo seguente:
- mettere il bambino/ragazzo in posizione di sicurezza,
- verificare sempre la glicemia (in genere è inferiore a 30 mg/dl; è possibile che lo
strumento per la rilevazione della glicemia dia per valori troppo bassi la sigla LO e non il
valore numerico),
- praticare il glucagone intramuscolo (nome commerciale del farmaco: GlucaGen
Hypokit) secondo le seguenti indicazioni:
 la confezione di GlugaGen hypokit contiene una siringa pre-caricata con il solvente
ed un flacone di glucagone liofilizzato da 1 mg,
 iniettare il solvente contenuto nella siringa nel flaconcino contenente il glucagone
liofilizzato. Agitare leggermente il flaconcino fino a scioglimento del liofilizzato.
Aspirare la soluzione nella siringa.
 iniettare per via intramuscolo (nel quadrante supero-esterno del gluteo): mezza
fiala (0.5 mg di glucagone) nel bambino/ragazzo di peso inferiore ai 25 kg; una
fiala intera (1 mg di glucagone) nel bambino/ragazzo di peso superiore ai 25 kg.
- quando il bambino si riprende somministrare bevande zuccherate a piccoli sorsi ogni 5
minuti.
La somministrazione di glucagone è in grado, in genere, di ripristinare le funzioni cerebrali in
pochi minuti: il bambino/ragazzo si risveglia e cessano le convulsioni. Se questo non avviene,
una seconda dose di glucagone può essere ripetuta dopo 30 minuti dalla prima.
Il glucagone non è un farmaco pericoloso e, anche se somministrato in
appropriatamente, non presenta effetti collaterali di rilievo: al massimo, dopo la
somministrazione il bambino/ragazzo potrà presentare nausea e/o vomito lievi.

3
. CONSERVAZIONE DEL FARMACO
La confezione di glucagone (GlucaGen Hypokit) può essere conservata in frigorifero fra i +2 e
+8 °C ed ha un periodo di validità di tre anni. Può inoltre essere conservata a temperatura
ambiente (massimo 25 °C) per 18 mesi. E’ importante controllare periodicamente la data di
scadenza del farmaco a disposizione. 5

INDICAZIONI GENERALI
PER LA GESTIONE DI CRISI ASMATICA A SCUOLA

Documento redatto con il supporto tecnico degli specialisti dell’Ospedale dei Bambini
di Brescia e dei rappresentanti dei pediatri di famiglia
Brescia ……….

1.
MANIFESTAZIONI DELLA CRISI ASMATICA
• tosse secca continua,
• fatica a respirare,
• fischio durante gli atti respiratori,
• senso di peso al torace.
2. CONDOTTA DA TENERE
Conservare la calma è particolarmente utile per poter affrontare adeguatamente la
situazione. È utile potersi avvalere di due persone:
• una persona per i contatti telefonici:
- chiama i genitori,
- informa il 118 e prende nota delle eventuali indicazioni ricevute.
• una persona accudisce il bambino:
- somministra il farmaco broncodilatatore (di solito Ventolin o Broncovaleas) indicato
dal medico di famiglia nella apposita scheda di prescrizione. Usualmente il farmaco
broncodilatatore è da somministrare tramite “spray predosato con
distanziatore”. Modalità di somministrazione:
 2 puff ogni 15-20 minuti nella prima ora,
 se i sintomi persistono per oltre un’ora è opportuno l’intervento dei genitori,
 per ogni evenienza, se dopo la prima ora i sintomi non sono del tutto scomparsi,
dopo circa 30-40 minuti dall’ultima somministrazione vanno ripetuti altri 2 puff di
broncodilatatore.
• una delle due persone prende nota (data, ora, farmaco) di quante volte è stato
utilizzato il broncodilatatore e se c’è stato un miglioramento dei sintomi.

3
. COME USARE LO SPRAY E IL DISTANZIATORE
• Togliere il tappo di chiusura,
• scaldare con le mani ed agitare energicamente la bomboletta,
• collegare il boccaglio della bomboletta al distanziatore.

Nel bambino di età superiore a 5 anni: posizionare il boccaglio del distanziatore tra le
labbra del bambino facendogli chiudere la bocca, esercitare una pressione sulla bomboletta
tale da azionare lo spray (1 puff). Fare inspirare lentamente e profondamente il bambino
per almeno 6 atti respiratori. Aspettare 30 secondi e somministrare un secondo puff.
Nel bambino di età inferiore a 5 anni: posizionare bene la mascherina del distanziatore
in modo che aderisca al viso del bambino coprendo bocca e naso, esercitare una pressione
sulla bomboletta tale da azionare lo spray (1 puff). Fare inspirare lentamente e
profondamente per almeno 10 atti respiratori. Aspettare 30 secondi e somministrare un
secondo puff.

4. CONSERVAZIONE DEL FARMACO

E’ sufficiente conservare il farmaco, in confezione integra, a temperatura ambiente, lontano
da fonti di calore e dalla luce solare.

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